HOME GALLERIA FOTOGRAFICA LA STAMPA SOLIDARIETA' I SITI AMICI SELEZIONE LETTERARIA

La Stampa

 

 

MAFIE 25/05/2009

Locri, omicidio impunito: la famiglia Carbone restituisce i certificati elettorali.

A quasi cinque anni dal delitto, i familiari del giovane imprenditore continuano a chiedere giustizia e scrivono al prefetto, a Napolitano e a Berlusconi: ''Rinunciamo al voto, non possiamo sentire nostra l'Europa''

Locri -  “Noi, i genitori, la sorella, il fratello di Massimiliano Carbone, dopo 4 anni e 8 mesi dalla sua morte violenta, sentiamo forte la necessità di impegnare ogni residua risorsa nel chiedere che dopo tanto tempo e dopo tante parole finalmente si riconosca Giustizia alla Memoria di questo ragazzo di Locri”. Con queste parole, indirizzate al prefetto di Reggio Calabria, al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, tutta la famiglia Carbone ha restituito i certificati elettorali per protestare contro il fatto che, a quasi cinque anni dall’agguato che uccise il giovane imprenditore Massimiliano Carbone sotto la sua abitazione a Locri, quel delitto, come molti altri nella zona, è ancora impunito.

Il 17 settembre del 2004 Massimiliano Carbone, appena trentenne, incensurato e titolare di una cooperativa di servizi che dava lavoro anche a giovani disabili, fu ferito a morte al rientro da una partita di calcetto, da un cecchino che si era appostato dietro un muretto del giardino. Da allora, sua madre, Liliana Carbone, maestra elementare, non ha cessato di chiedere giustizia anche con proteste eclatanti ed è diventata un punto di riferimento della lotta per la legalità in Calabria. Questa volta è tutta la famiglia Carbone ad esporsi in quella che viene definita nella lettera “una protesta civile esasperata” per chiedere che venga dato un nome e un volto all’assassino e al mandante dell’omicidio, dopo che alcuni mesi fa era stata resa nota l’archiviazione del caso.

“Rinunciamo ad esprimere la nostra volontà di cittadini in occasione delle Europee del 6 e 7 giugno e del Referendum del 21”, scrivono i Carbone “in piena coerenza non possiamo sentire nostra L’Europa…se ancora a Locri a qualcuno tra i giovani e i bambini vengono impediti i diritti alla Giustizia, agli affetti, al lavoro”. E lanciano un j’accuse per “l’attenzione negata al dolore di una famiglia” e “ le promesse illusorie di tanti uomini e donne dai nomi importanti, presenze estemporanee per le piazze della Locride e sui media”.

Con questo gesto, i Carbone chiedono di uscire dal silenzio e dalla dimenticanza che condanna a una seconda morte le vittime innocenti delle mafie: “Come possiamo aspettare e sperare nelle indagini silenziose oppure penare ancora un poco, noi che ci siamo affidati davvero a concetti come coesione, solidarietà, legalità partecipata, giustizia? Quali sono oggi le nostre forze, dopo avere vissuto e operato secondo questi concetti, anche a fianco di altre famiglie e per tutta la Calabria?” scrivono ancora i Carbone. E puntano il dito contro i diritti negati di sicurezza, lavoro e libertà nella Locride e le “lectio che chiunque e dovunque può improvvisare sul tema della legalità”. Chiedono “fatti concreti”, dopo la posa della prima pietra del nuovo palazzo di Giustizia di Locri. Con amarezza ricordano le parole scritte a Liliana Carbone dal prefetto Luigi De Sena al momento di lasciare l’incarico a Reggio Calabria: “La credibilità dello Stato e delle istituzioni si difende soprattutto nell’assicurare i rei alla Giustizia , ma anche impedendo che altre mamme debbano, in questa terra, piangere i propri figli.”

Nell’attesa della risposta delle istituzioni, Liliana Carbone continua a svolgere il suo ruolo di educatrice a Locri e, sulla necessità di proteggere i più piccoli, scrive: “ci sono i bambini che attraversano strade bagnate di sangue, bambini che vanno a varcare cancelli di carceri, bambini che guardano il benessere e la serenità come giochi proibiti, bambini che non potranno mai domandare “Papà, cos'era la mafia?” (rc).

DA WWW.REDATTORESOCIALE.IT

 

 

 

LEGGI LA RIVIERA

3 ANNI E 4 MESI DALL’ASSASSINIO

DI MIO FIGLIO

MASSIMILIANO  CARBONE

E ANCORA NESSUN COLPEVOLE!

INTANTO TUTTI  DICHIARIAMO IL DIRITTO ALLA VITA

E LA LOTTA ALL’ILLEGALITA’ ED ALLA CULTURA MAFIOSA.

GLI INQUIRENTI HANNO VERIFICATO IL MIO CONTRIBUTO ALLE INDAGINI, CONCLAMANDO UNA CERTEZZA "VITALE", ED IO HO GRATITUDINE PER IL LORO LAVORO. 

IL VESCOVO BREGANTINI MI HA RACCOMANDATO “TENACIA”, ED IO APPREZZO CHE NON MI ABBIA PARLATO DI “FEDE,SPERANZA,CARITA’”.

 IL PREFETTO DE SENA MI HA SCRITTO IN DATA 2 AGOSTO 2007: 

“LA CREDIBILITA’ DELLO STATO E DELLE ISTITUZIONI SI DIFENDE SOPRATTUTTO ASSICURANDO I REI ALLA GIUSTIZIA ED IMPEDENDO CHE IN QUESTA TERRA ALTRE MADRI DEBBANO PIANGERE I LORO FIGLI".

ED IO VOGLIO ANCORA CONTARE SU QUESTO AUTOREVOLE IMPEGNO COMUNE, MA A QUESTA TERRA PROSTRATA NON BASTANO LE BUONE INTENZIONI!

NESSUNO PUO’ RASSEGNARSI NE’ RIMANERE INERTE MENTRE LA MEGLIO GIOVENTU’  MUORE AMMAZZATA E  TUTTO FINISCE NEL BUCO NERO DELLA MENZOGNA E DELL’OMERTA’."

 

A QUELLA PARTE DELLA COSIDDETTA “SOCIETA’ CIVILE” FINORA RIMASTA INDIFFERENTE AL MIO LUTTO E CHE HA ADDIRITTURA DISAPPROVATO LE MIE ISTANZE DI VERITA’ E DI GIUSTIZIA CHIEDO DI RICORDARE CHE LA VITA E LA MORTE SONO DISPOSTE AD APPARIRE AL MINIMO PRETESTO.

CHIUNQUE ESISTA NON  NE E’ IMMUNE, SOPRATTUTTO IN QUESTA CITTA’ CHE CONTA TANTE VITE STRONCATE E VEDE TANTE FAMIGLIE CONDANNATE A “ FINE DOLORE: MAI. “

LA LOCRIDE NON  PUO’ CONTINUARE AD ESSERE LA TERRA DEI DELITTI PERFETTI AD OPERA DEI SOLITI IGNOTI DEI QUALI MOLTI SANNO MOLTO, MA NON NE PARLANO.

LA GIUSTIZIA NEGATA A MASSIMILIANO, GENEROSO RAGAZZO DI LOCRI, GIOVANE PAPA’ TRISTE,  ONESTO LAVORATORE, E’ GIUSTIZIA NEGATA A TUTTI VOI.

**********************************************

FuoriClasse torna in quei luoghi e parla con studenti, docenti e dirigenti scolastici. E racconta l'educazione ... Liliana Carbone fa la maestra elementare. ...
www.fuoriclasse.rai.it/newfuoriclasse/PopUpPuntata.asp?Id_Puntata=300i

Liliana Esposito Carbone | RadioRadicale.it

Eventi a cui ha partecipato Liliana Esposito Carbone ... value="path=http://www. radioradicale.it/soggetto/flash/liliana-esposito-carbone"><embed ...
www.radioradicale.it/soggetti/liliana-esposito-carbone
 

Altri eventi con oratore Liliana Esposito Carbone. madre di vittima di mafia ...
www.radioradicale.it/scheda/238659/strage-di-duisburg-suicidio-del-collaboratore-di-giustizia-bruno-picco...

 

 

Gazzetta del Sud Venerdì 5 Ottobre 2007

Calabria

Locri Una madre coraggiosa e indomita. E per qualcuno, “infame”

Liliana Carbone: tre anni a caccia dell’assassino di Massimiliano

«Mio figlio è morto per amore, lo sanno tutti.

Giustizia? Per la perizia balistica 22 mesi...»

Giuseppe Tumino

REGGIO CALABRIA

«Oggi sono 1105 giorni passati a rivedere i luoghi, a risentire quei passi veloci sulle sterpaglie; mi siedo ogni giorno accanto a quei vasi con cui ho protetto il sangue di mio figlio, pensando fosse utile per accertare una verità propedeutica a una qualche giustizia.

Vedo l’albicocco, tra i rami del quale sbucò una lupara vigliacca, estrema difesa di un killer emotivo, non un professionista, come disse un carabiniere profondo conoscitore di armi e assassini locresi. E le notti, ad aspettare che il nuovo mattino porti una novità, giusta e caritatevole».

Tre anni sono passati dall'omicidio di Massimiliano Carbone, imprenditore 30enne di Locri, colpito a sangue freddo in un agguato nel cortile sotto casa. Era sera, il 17 settembre del 2004, Massimiliano morì in ospedale una settimana dopo. Tre anni e nessun colpevole.

Da allora Liliana Esposito, maestra elementare, donna raffinata e coltissima, non si è fermata mai. L'hanno vista tutti incatenata

al tribunale, donna-sandwich per le strade, col microfono in mano e la foto del figlio al collo in centinaia di incontri e dibattiti, in mezza Italia, circondata da solidarietà e rispetto. A ripetere quello che a Locri tutti sanno: non si è mai limitata a chiedere genericamente giustizia, la maestra Liliana.

Lei ha fatto, da subito, il nome del presunto assassino. Nome e cognome.

- Signora Esposito, lei racconta una storia vera (c’è una sentenza civile) ma questo giornale non la può riferire: ci andrebbero di mezzo degli innocenti. Più d'uno, oltre al supposto assassino, peraltro mai arrestato.

«Mio figlio è morto per amore, lo sa lei, lo sanno tutti. Sa cosa ha scritto l'ex prefetto De Sena in una lettera di commiato che mi ha

mandato? “La credibilità dello Stato e delle Istituzioni si ha nell’assicurare alla Giustizia i rei, e nel fare in modo che nessuna madre debba piangere un figlio ammazzato”. Io aspetto risultati, in tanti aspettiamo risultati. Penso ai familiari di Renato Vettrice, l’operaio sparito nel nulla».

- Il nuovo prefetto, Francesco Musolino, l'ha già incontrato.

«M'è parso persona schietta, pacata e concreta. Da petulante e querula mamma di un morto ammazzato, gli ho chiesto perché mai a Garlasco le indagini avvengano in diretta, mobilitando le massime competenze del Ris. Volevo conto e ragione: le forze dell'ordine di altre regioni fruiscono di mezzi e risorse speciali, non a disposizione di quelli della Calabria, della Locride?».

- Lei ha sempre parlato di inspiegabili, clamorosi ritardi nelle indagini.

«Il povero figlio mio è colpevole persino di non essere morto subito: così le indagini sono partite una settimana dopo. Mi ricordo, a casa mia, un investigatore oggi sempre in tv quando si parla del delitto Fortugno: stava seduto davanti a me, a disagio, non sapeva che fare. Ho ottenuto una perizia balistica 22 mesi dopo, forse perché nel frattempo avevo restituito il certificato elettorale rendendolo noto ai giornali, forse perché ero rimasta per tre mattinate in piena estate sui gradini del Tribunale. Chiedevo attenzione, verità, giustizia, non avevo più nemmeno la forza di protestare.Guarda caso, quella perizia ribaltò i rilievi degli inquirenti».

- Indagini penali, ma anche una lunga battaglia civile, che la vede vincitrice. Ha mai fatto il conto delle spese?

«Ora saranno 21mila euro per tre avvocati e tre perizie di parte, senza contare i costi emotivi e umani. Sa cosa mi venne a dire una volta un’avvocaticchia? Che per me lo Stato ha speso un sacco di soldi. Per cosa poi? Non ci sarà nessuna condanna. Me lo disse un anno fa il giudice Carlo Macrì, dall’alto dei suoi 14 anni a Locri: tutto rovinato, hanno lavorato male nella prima settimana».

- Lei ha denunciato a più riprese di essere stata additata come “infame”. Anche all'interno dalla sua scuola. Come si vive da “infame” a Locri?

«Si sopravvive, ed è già tanto. Quando quell’uomo mi aggredì al cimitero, davanti alla tomba di mio figlio, un tale, galoppino di un’onorevole, disse che al Pronto Soccorso non ero affatto arrivata sanguinante. In questi giorni le strade attorno al Tribunale sono chiuse al traffico nei giorni di udienza del processo Fortugno, mentre auto blindate e con vetri oscurati vagano a spese del contribuente.

A me viene regolarmente chiesto di esibire i documenti ogni volta che mi avvicino alla caserma dei carabinieri di Locri. Non solo  ambivalenza di giustizia, ma persino ambiguità di relazioni civili. Sopravvivenza, appunto».

************************

Il Procuratore di Torino, dottor GIANCARLO CASELLI, legge il nome di MASSIMILIANO CARBONE
 dall'elenco delle 702 vittime ricordate nella XII GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL'IMPEGNO, A POLISTENA, il 21 marzo 2007

LA LAPIDE riporta i nomi delle 702 vittime di mafia ricordate in LIBERA MEMORIA.
Il nome di Massimiliano è il penultimo del 2004.

 


 

 
  Reggio Calabria  
di Giuseppe Tumino
 

Locri Alla discussione ha partecipato la madre del giovane

L'omicidio di Massimiliano Carbone oggetto di una tesi in criminologia

Reggio Calabria «Reportage criminologico - Alla fine dell'Italia anche un bacio fa rumore»: è il titolo della tesi di specializzazione discussa giovedì scorso (relatore il prof. Alessandro Ceci) presso la Facoltà di scienze forensi, criminologia, investigazione, security e intelligence dell'Università "La Sapienza" di Roma da una studentessa, Maria Grazia Santucci. La dottoressa Santucci, psicoterapeuta operante a Napoli e a Roma, ha conseguito il Master di secondo livello con il massimo dei voti ed il diritto alla pubblicazione della tesi, un'analisi del contesto antropologico e della fenomenologia sociale che hanno portato all'assassinio di Massimiliano Carbone.

Alla discussione della tesi erano presenti la mamma di Massimiliano, la maestra elementare Liliana Esposito e la sorella del giovane assassinato, Irene Carbone, che sono state invitate a dare un contributo diretto allo studio della vicenda criminale. Una vicenda che dopo ben 29 mesi, è stata definitivamente considerata "delitto di mafia", con l'autorevole parere dei professori Francesco Bruno, direttore del Master, del professor Giorgio Chinnici dell'Università di Palermo, e dello psicologo investigativo Luciano Fargnoli, dell'Unità analisi crimini violenti.
Massimiliano Carbone, lo ricordiamo, cadde in un'imboscata sotto la sua abitazione di Locri il 17 settembre del 2004, mentre rincasava in compagna del fratello, di ritorno da un incontro di calcetto. Il suo assassino, finora, non è stato individuato, nonostante le reiterate denunce e i sospetti subito espressi dalla madre, Liliana Esposito. Che nel nome del figlio ha iniziato da allora, e tuttora prosegue, una coraggiosa battaglia per la giustizia e per l'affermazione della legalità.(r.r.) 17 febbraio 2007

 

Da Francesco Fortugno a Massimiliano Carbone e Gianluca Congiusta, fino agli inestricabili regolamenti di conti tra le 'ndrine. Solo 6 i casi risolti
Trentadue assassinati in due anni: un interminabile calvario di sangue
REGGIO CALABRIA Sono 32 gli omicidi commessi nella Locride negli ultimi due anni, a cui vanno aggiunte due misteriose sparizioni.
A Sant'Ilario dello Ionio si sono perse le tracce nell'agosto del 2005, di un operaio di Bovalino, Giuseppe Vettrice: di lui, nonostanti i disperati appelli della famiglia, non si è mai più saputo nulla.
Nessun disperato appello della famiglia, invece, per un'altra scomparsa denunciata, quella del barista di Locri Cosimo Martelli: un episodio avvolto nel silenzio, e di apparentemente difficile interpretazione.
Dei 32 delitti perpetrati, le forze dell'ordine avrebbero individuato ed arrestato i responsabili solamente in sei casi. La recrudescenza di omicidi nella Locride ha avuto inizio dal settembre del 2004 quando, a Locri, venne ucciso Massimiliano Carbone, 30 anni, incensurato, titolare di una cooperativa di servizi. Da allora la sua madre-coraggio, la maestra elementare Liliana Esposito, si batte con ogni mezzo affinché l'assassino, o il mandante del delitto, da lei a più riprese denunciato sulla scorta di motivati sospetti, venga assicurato alla giustizia.
Altro delitto che fece scalpore fu il duplice omicidio dei pastori Pasquale e Paolo Rodà, di 36 e 13 anni, compiuto il 2 novembre del 2004 a Ferruzzano.
Nel 2005 il delitto più eclatante è stato quello del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, Francesco Fortugno, avvenuto il 16 ottobre a Locri.
Il 15 febbraio del 2005, a Locri, Giuseppe Cataldo, 36 anni, nipote dell'omonimo capoclan. Il 17 aprile, a Portigliola, fu compiuto un ennesimo duplice omicidio.
In un agguato furono uccisi Giuseppe e Giovanni Longo, 58 e 21 anni, pensionato e operaio.
La serie degli omicidi vede poi a Siderno l'assassinio di Gianluca Congiusta, 34 anni, commerciante. Negli ultimi mesi il padre di Congiusta ha più volte protestato, con iniziative elatanti e finanche uno sciopero della fame, per chiedere che si faccia luce sull'omicidio del figlio.
Il 31 maggio dell'anno scorso, inoltre, a Siderno fu ucciso Salvatore Cordì, 51 anni, nipote del presunto capocosca Antonio Cordì, detto «u ragiuneri».
Il 16 settembre, a Bovalino, è poi la volta dei fratelli Domenico e Filippo Cristarella, di 60 e 57 anni, braccianti agricoli.
Il 17 settembre, a Bruzzano Zeffirio, l'ultimo duplice omicidio: vengono uccisi nei pressi del cimitero Giuseppe Talia, di 26 anni, bracciante agricolo, di Bruzzano, e Antonia Lugarà, 27, commerciante, di Ferruzzano. Forse ci sarebbe la faida di Motticella dietro l'agguato mortale.(r.r.)

 

(domenica 3 dicembre 2006)

 

 

 

 

19.10.2006 – Gazzetta del Sud
Saranno subito potenziati gli organici delle Procure

Locri, la risposta dello Stato

Teresa Munari

ROMA – Mastella ha deciso: all'emergenza della Locride risponderà con l'efficacia di un decreto legge. Ma c'è di più visto che, a partire da subito, il ministero di Grazia e Giustizia si attiverà con i trasferimenti per coprire i posti ancora liberi nell'organico amministrativo del Palazzo di Giustizia di Locri.

Il presidente della Calabria Agazio Loiero, promotore dell'incontro fra il ministro Mastella e le vittime della 'ndrangheta locrese, ce l'ha fatta, anzi ha vinto su tutta linea spuntando, per questo territorio dilaniato dalla malavita organizzata e dalla inadeguatezza della macchina amministrativa, oltre all'assicurazione della copertura immediata dei posti vacanti, il massimo dei provvedimenti che il Governo potesse adottare. Sì, perché di fronte al dolore sordo di Mario Congiusta, padre di Gianluca, assassinato a Siderno il 24 maggio del 2005; del fratello Carmelo e della moglie di Renato Vettrice, l'operaio scomparso il 13 agosto 2005 dalle serre di Sant'Ilario dello Ionio, di Liliana Esposito, madre di Massimiliano Carbone assassinato due anni fa a Locri, e alla sempre più sgomenta richiesta di giustizia della vedova del vicepresidente del Consiglio regionale Calabria Maria Grazia Laganà, il guardasigilli Clemente Mastella ha convenuto con Loiero che solo il legislatore è nella disponibilità di dare una risposta adeguata.

La macchina di Via Arenula si è quindi messa subito in moto e, dopo uno scambio di pareri telefonici con il Quirinale, il ministro si è presentato ai giornalisti per annunciare con una nuova e consapevole fermezza che «di fronte all'emergenza si è deciso di rispondere con un provvedimento di emergenza, che adotterà di concerto con i suoi colleghi, per mettere i criminali di fronte ad un deterrente messo in campo da uno Stato forte, richiamato al dovere dalle famiglie delle vittime della criminalità».

«Io stesso ne parlerò con Prodi - ha detto il ministro - e gliene parlerà anche il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, per sottolineare l'urgenza del decreto che, pur consapevoli della delicatezza della materia che andiamo ad affrontare, non può aspettare».

 

 

 

 

E, per quanto riguarda il rafforzamento dell'organico dei magistrati, Mastella, pur premettendo di volersi raccordare con il procuratore nazionale antimafia Grasso, ha sottolineato che «se normalmente è previsto un procuratore aggiunto ogni 10, si pensa di metterne uno ogni 8 o ogni 6: questo, insieme al trasferimento immediato del personale che serve nei posti amministrativi che da anni restano liberi, dimostrerà meglio l'impegno che si è dato lo Stato verso la Locride. Naturalmente serve anche una risposta delle coscienze, ma intanto lo Stato si organizzerà per sdradicare le radici della malavita».

«Un decreto legge contro la criminalità della Locride, è certamente un fatto molto inusuale - ha detto il presidente Loiero - e per questo ringrazio di cuore il guardasigilli che si adopererà per l'obiettivo di un provvedimento ad hoc. Vogliamo un prodotto organizzativo in grado di rincuorare la cittadinanza, e se anche bene che su una materia tanto delicata non si improvvisa, siamo certi di arrivare ad un traguardo che, come ha detto Mastella, non ha precedenti». Sembra infatti che il legislatore non si occupi di eccezionalità simili dai tempi in cui lo Stato studiava la controffensiva agli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino, ma , secondo Loiero «la Locride ne ha pieno titolo con le 33 persone scomparse in soli quattro anni. Del resto la difficoltà che i magistrati incontrano nelle indagini è grande e se anche se diamo loro atto di fare il possibile, tocca adoperarsi nelle sedi giuste per velocizzare le risposte ai delitti ancora irrisolti».

Positivo il commento di Maria Grazia Laganà che «da parlamentare e da vittima di mafia», dice che «il fatto di essere ascoltati è già una cosa importante».

Spenti i riflettori la signora  Liliana Esposito ha parlato di «un segnale concreto che a 25 mesi dalla morte del figlio Massimiliano Carbone, rafforza le speranze nella soluzione delle indagini». Carmelo Vettrice ha, invece, affidato alla stampa il suo messaggio: chiede giustizia per il fratello, ma invoca anche un sostegno economico per le famiglie delle vittime della 'ndrangheta visto che la moglie di Renato è rimasta sola con tre bambini e riceve tutta la solidarietà della Chiesa, del Paese, dell'associazione dei "Ragazzi di Locri", ma non quella dello Stato».

 
Michele Serra: L'amaca di domenica 8 ottobre 2006
Tratta da “la Repubblica”
Fece rabbia e pena, il precedente governo, per il suo sostanziale silenzio sulle mafie, segno di piccole collusioni e grandi menefreghismi in seno a un blocco sociale mai troppo sensibile a quella spaventosa vergogna. Ora è una vera fortuna che la durissima, altissima lettera della madre di un morto ammazzato calabrese, Massimiliano Carbone (uno dei tanti dimenticati nella loro pozza di sangue) faccia urgente memoria a questo governo, nella persona del presidente del Consiglio che proprio in Calabria sta andando. Questa lettera, che avrete sicuramente letto nelle pagine precedenti, è fenomenale soprattutto per il suo linguaggio: ha la lapidaria altezza della tragedia greca, e in mezzo alla routine politica e ai suoi discorsi faticosi e aulici, suona netto come un colpo di spada tra gli stracci. Si dice che Romano Prodi sia un uomo fortunato, e lo è. La madre di Massimiliano Carbone, con le sue parole implacabili, aiuterà il premier a evitare che la dicitura "lotta alla mafia" si impigli nella vecchia routine virtuosa delle promesse e delle commemorazioni. E aiuterà noi tutti a dimenticare che nei precedenti tre o quattro mesi, la mafia non ci è sembrata tra le urgenze programmatiche del nuovo governo.

Dal sito web http://www.feltrinelli.it/FattiLibriInterna?id_fatto=7440

*************************************************

Gazzetta del Sud – 03.10.2006
Quinta Giornata di lotta contro la criminalità, l'illegalità
e per lo sviluppo economico e sociale

Costantino (Cids): reagire è il compito delle Istituzioni

di Loredana Nicolò

«Chiedo giustizia per l'intera Locride e vi dico: impegnatevi! Ciascuno di voi, nei rispettivi ruoli, datevi da fare perché altrimenti questa terra neonata non diventerà mai grande». Queste vibranti parole, pronunciate da Liliana Esposito, madre di Massimiliano Carbone, ucciso nel settembre 2004 - presente insieme ai familiari di Renato Vettrice scomparso dall'agosto 2005 -, sono state il punto più alto e commovente dell'annuale assemblea tenuta dal Comitato interprovinciale per il diritto alla sicurezza (Cids) nel contesto della quinta Giornata di lotta contro la criminalità, l'illegalità e per lo sviluppo economico e sociale.E' un processo alla politica. «Una politica che deve cominciare a cambiare rotta se vuole ancora essere credibile», dice il presidente del Cids Demetrio Costantino. E i banchi dell'aula del consiglio diventano edicole funerarie, con le madri coraggio ad esporre le foto dei figli ammazzati, a chiedere, ancora una volta, sostegno e giustizia.

Al dibattito, tenutosi ieri nell'aula consiliare di Palazzo San Giorgio e moderato dall'avv. Paolo Federico, hanno partecipato l'europarlamentare Armando Veneto, il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Gerardo Dominijanni, il consigliere regionale Antonio Acri, il presidente nazionale de "I Socialisti" Saverio Zavettieri, il presidente della Camera di Commercio Lucio Dattola, il presidente del Cids Demetrio Costantino.

È stato Demetrio Costantino ad introdurre i lavori, ribadendo come la questione sicurezza sia «centrale e prioritaria» per la vita del Paese e richiamando l'esortazione dell'arcivescovo Mondello ai politici acché siano «coerenti».
Il presidente del Cids ha tra l'altro ricordato un dato contenuto nella relazione semestrale della Direzione nazionale antimafia, inerente «l'altissima densità criminale in Calabria (27%): ovvero su circa 2 milioni di abitanti 540 mila sono malavitosi». Ecco perché «non bisogna fingere di non capire la gravità della situazione. cosa che molti politici fanno» ha aggiunto Costantino. «Compito di chi guida le Istituzioni è: reagire». Rinnovato dal Cids l'appello a «fare piena luce sull'omicidio Fortugno», con l'invito ai politici a «supportare l'azione di magistratura e forze dell'ordine» poiché «uno Stato moderno non può fare affidamento solo sui pentiti. C'è bisogno della collaborazione di tutti». Quanto ai familiari delle vittime della 'ndrangheta, «lo Stato può attenuarne il dolore rendendo loro giustizia e facendo in modo che vi sia certezza della pena».

Il diessino Antonio Acri, componente della Commissione regionale antimafia, ha affermato la necessità di affrontare il problema sicurezza in Calabria «iniziando a coprire i pesanti vuoti negli organici della magistratura», fornendo quindi tutti gli strumenti necessari a condurre la lotta alla criminalità. Acri ha sottolineato come nel 2005 gli episodi criminosi abbiano avuto un'impennata «soprattutto in termini di efferatezza», osservando poi come sulla proposta di legge regionale inerente un Sistema integrato di sicurezza (Sis) «per la prima volta si sia registrata l'unanimità in Commissione regionale antimafia», puntando ad una «presa in carico del problema» a fronte di un'usuale «deresponsabilizzazione dei governi locali» che rimandano la domanda di sicurezza agli organi "tradizionali" dello Stato (magistratura e forze dell'ordine). Il "Sis" punta quidi ad un «legittimo spazio legislativo in ambito regionale cosicché ogni città indichi le priorità e il mix d'interventi ritenuto più opportuno ad un percorso di sicurezza né facile, né scontato. Perché fare antimafia vuol dire esporsi, con responsabilità diretta».

Tre gli strumenti di lotta alla criminalità indicati dal magistrato Gerardo Dominijanni, al termine di un intervento che ha messo a nudo le difficoltà dell'attività giudiziaria, acuite a suo dire dal decreto Bersani. E dunque: prevenzione, con il coinvolgimento della società civile e della politica; repressione, da alimentare investendo più risorse nella magistratura e nelle forze dell'ordine; riforma del codice di procedura penale «soprattutto con lo snellimento nella durata dei processi»

Con un detto di saggezza popolare (i guai 'ra pignata i sapi a cucchiara chi mania), il primo cittadino di Pazzano, Salvatore Fiorenza, ha osservato che i sindaci devono poter trasferire la conoscenza del territorio nell'azione di prevenzione dei fenomeni criminosi, da debellare «con azioni di educazione alla legalità all'interno della famiglia, della scuola, del lavoro, delle politiche sociali» per «attrarre i giovani, nostra ricchezza e nostro futuro, sottraendoli a modelli di vita più facili ma illeciti».

La scarsa presenza delle Istituzioni è stata evidenziata da Saverio Zavettieri, il quale ha rimarcato le responsabilità dell'informazione, si è interrogato sui meccanismi del consenso elettorale e «su quali risposte e quali comportamenti siano stati attuati in quest'ultimo anno da non dimenticare». Ed ha aggiunto: «Sono stati creati tanti, troppi organismi (Osservatorio regionale sulla criminalità, Commissione antimafia, assessorato regionale alla sicurezza) che sembrano risposte superficiali e di comodo» mentre «bisogna praticare la cultura della legalità», perché «dipende da ciascuno di noi, dagli esempi della politica, a fronte di un "blocco sociale" che osta alla questione sicurezza».

Secondo Lucio Dattola «la mafia non va studiata, va combattuta» compiendo «quel salto culturale necessario a fronte di uno stato di barbarie evidenziato dalle quotidiane intimidazioni». Una situazione cui la politica «è chiamata a dare risposte, al di là della creazione di inutili organismi».

Il sindaco di Reggio, Giuseppe Scopelliti, ha esortato a «dare risposte ai tanti delitti impuniti, per rafforzare il senso dello Stato sul nostro territorio» con la politica che «dev'essere da esempio. Governare le nostre città non è un privilegio: è una missione alimentata dalla voglia di mettersi al servizio della comunità». E, alla luce del recente attentato al Palazzo municipale, Scopelliti ha detto con fermezza: «Reggio è una città in crescita e non può essere ricattata» perché «le Istituzioni sono di tutti e vanno tutelate a prescindere dal colore politico».

In conclusione l'on. Armando Veneto ha dato atto dell'"opera meritoria" svolta dal Cids, rimproverando alla politica di «nutrirsi di cellulosa, di apparenza e di parate: non bisogna predicare la legalità, bensì praticarla. La battaglia per la sicurezza non è solo lotta antimafia, ma contro ogni forma di illegalità e sopraffazione». Quanto alla Calabria «non andrà da nessuna parte se non si cambia marcia, se non imparerà ad essere "eroica", ad andare oltre la semplice gestione del presente. E in tal senso una sfida terribile viene dall'Unione europea dove, dopo l'ingresso di Bulgaria e Romania (gennaio 2007), presto cesseremo di essere regione "obiettivo 1" e di avere fondi che, ad oggi, abbiamo sprecato per mancanza dei controlli di primo e secondo livello, come denunciato dalla Corte dei Conti. Viceversa, in politica "anche la moglie di Cesare dev'essere onesta". Il problema autentico resta la costruzione di una cultura della legalità, a partire dai piccoli-g randi gesti. Dobbiamo prenderne coscienza. Come pure – ha concluso l'europarlamentare Veneto – occorre capire che bisogna investire in una nuova classe dirigente, creando un'euroburocrazia competitiva, smettendola di pensare alla politica come convenienza personale».



Quotidiano della Calabria – 03.10.2006
A Palazzo San Giorgio la "Giornata di lotta contro la criminalità e per lo sviluppo"
La politica sul banco degli imputati
Veneto: «Preoccupa che nel consiglio regionale ci siano 22 indagati»

C'e' la politica ad ascoltare le famiglie delle vittime della mafia. Ci sono sindaci, rappresentanti dei comuni di mezza provincia e di qualche città siciliana, ci sono consiglieri comunali ed europarlamentari.
Sono in tanti, non tantissimi. Tutti, sotto la lente d'ingrandimento del Comitato per la sicurezza che, ieri mattina a Palazzo San Giorgio, ha tenuto l'ormai tradizionale convegno per la "Giornata di lotta contro la criminalità, l'illegalità e per lo sviluppo socio economico".  Chiamati a rispondere, fra gli altri, l'eurodeputato Armando Veneto, il sindaco Giuseppe Scopelliti, il leader socialista Saverio Zavettieri e il presidente della Camera di Commercio Lucio Dattola. Da una parte istituzioni impegnate a confortare, dall'altra vittime anche loro. Chi, come Zavettieri, è stato sparato, chi, come Dattola, ha avuto l'auto bruciata, chi, come Scopelliti, è costretto a camminare sotto scorta. Ma non si tirano indietro, nemmeno quando sul banco degli imputati è la politica a salire. «Dalle liste elettorali devono cominciare a sparire quei candidati che sono solo in odor di illegalità», tuona Armando Veneto.
Che è ancora più diretto: «Se nel consiglio regionale ci sono 22 consiglieri inquisiti non posso che essere preoccupato». Dello stesso tenore le parole del primo cittadino: «Dobbiamo dare risposte per rafforzare lo Stato nel nostro territorio. Non so quanto, oggi, la politica in Calabria possa considerarsi un esempio. C'è gente, in alcune istituzioni, che si caratterizza per atti, scelte, indirizzi incoerenti. Spesso, ho il presentimento che qualcuno stia da una parte e quanlcun altro da un'altra». Il presidente della Camera di commercio, Lucio Dattola, sottolinea «l'inutilità» delle commissioni anti mafia.
«La criminalità organizzata - sostiene - non va più studiata, va repressa. Arriveremo al punto che ci saranno più studiosi di mafia che mafiosi. Adesso bisogna risponedre con i fatti». Fatti che per Dattola si traducono nel «mettere la magistratura e le forze dell'ordine nelle migliori condizioni per potere agire».
«Non è possibile - afferma - che il sindacato di polizia denunci che non ci sono i soldi per la benzina o per fare le fotocopie. La politica deve rispondere e, soprattutto a livello romano, deve dettare regole precise e chiare». Dimostrare, insomma, «la volontà di volere sconfiggere la 'ndrangheta».

 

 

 

La donna: «L' ha chiamata terra prediletta, mi basterebbe uno dei suoi pensieri pieno di bonomia»

 
Appello a Prodi: giustizia in Calabria
Arriva il premier, lettera della madre di un giovane ucciso a Locri
REGGIO CALABRIA - Il tormento di una madre, Liliana Esposito, mamma di Massimiliano Carbone. E il coraggio di un padre, Mario Congiusta, papà di Gianluca. I loro figli sono stati assassinati: il primo due anni fa a Locri, il secondo nel maggio 2005 a Siderno. Adesso, per loro, vogliono giustizia. Pretendono di sapere perché sono stati uccisi. E chiedono di non essere lasciati soli. La signora Liliana lo ha fatto scrivendo una lettera al presidente del Consiglio Romano Prodi che domani sarà a Locri per l' anniversario dell' assassinio del vicepresidente del consiglio regionale Francesco Fortugno: «Mario Congiusta la invita a portare un fiore sulle tombe dei nostri figli; sarei d' accordo se non ritenessi eccessiva pena per lei quella di dare compito al suo portaborse di comprare fiori per i tanti morti ammazzati di Calabria, "terra da lei prediletta". A me basterebbe il più piccolo dei suoi pensieri pieni di bonomia». Liliana Esposito e Mario Congiusta sono il simbolo della Calabria che vuole e chiede giustizia. Ci hanno provato i «Ragazzi di Locri» a dare un contributo per alimentare la speranza di riscatto della Locride dove, ad un anno di distanza dall' omicidio Fortugno, non si è trovato uno stabile per alloggiare 50 carabinieri arrivati per contrastare l' ndrangheta. Ma gli stessi «Ragazzi di Locri» sono diventati sempre di meno, forse perché i riflettori dei media si sono spenti o forse per paura. E, anche per questo, la Calabria che vuole giustizia chiede di non essere lasciata sola. Massimiliano Carbone è stato ucciso davanti a casa con un colpo di lupara. Aveva 22 anni. Sull' omicidio ancora non è stata fatta luce. Così che una decina di giorni fa mamma Liliana si è incatenata davanti al tribunale di Locri per chiedere giustizia. Il giorno dopo, mentre portava i fiori sulla tomba del figlio, è stata aggredita. Forse per cercare di dissuaderla a portare avanti la sua battaglia. Gianluca Congiusta, 30 anni, commerciante, è stato assassinato a Siderno: un killer gli ha sparato mentre era in macchina. Anche suo padre aspetta ancora giustizia. Per protestare contro lo Stato che non c' è, in occasione delle Politiche di aprile, ha invitato tutti a disertare le urne. Poi ha parcheggiato l' auto del figlio davanti al tribunale e l' ha tappezzata con le foto di Gianluca: il maggiolino giallo è ancora lì. Al fianco di Liliana Esposito e Mario Congiusta c' è Maria Grazia Laganà, moglie di Fortugno. La parlamentare dell' Ulivo non smette di puntare il dito contro «l' isolamento del marito lasciato solo dopo aver presentato una serie di denunce, tutt' oggi inascoltate, su favoritismi, collusioni, infiltrazioni, privilegi e scambi tra politica e malaffare». Quelle carte, dice, sono rimaste inspiegabilmente chiuse nei cassetti. Fino a quando il magistrato della dda di Catanzaro De Magistris non le ha tirate fuori. Adesso la signora Fortugno aspetta. Dopo i primi arresti l' inchiesta è ferma. Ma la parlamentare di An Angela Napoli, ex vicepresidente dell' Antimafia, dice che «il vero obiettivo non è stato raggiunto da coloro che hanno ucciso Fortugno ma da chi, servendosi del delitto, ha fatto carriera politica, magari spudoratamente anche all' insegna dell' antimafia». Quell' antimafia che Mario Congiusta dice che in Calabria non funziona proprio perché «ininfluente su decisioni e azioni da predisporre sul territorio».
     
Macrì Carlo

Corriere della sera, 08 ottobre 2006

 

 

 

BENVENUTO NELLA LOCRIDE PRESIDENTE PRODI

 

EGREGIO SIGNOR PRODI, 
MARIO CONGIUSTA PADRE DI GIANLUCA UCCISO A SIDERNO 17 MESI FA, LA INVITA A PORTARE UN FIORE SULLE TOMBE DEI NOSTRI FIGLI; SAREI D'ACCORDO; SE NON RITENESSI  ECCESSIVA PENA PER LEI QUELLA DI DARE COMPITO AL SUO PORTABORSE DI COMPRARE FIORI PER I TANTI MORTI AMMAZZATI DI CALABRIA, "TERRA PREDILETTA".
A ME, MAMMA DI MASSIMILIANO CARBONE: UCCISO 2 ANNI E 10 GIORNI FA A LOCRI, BASTEREBBE ANCHE  IL PIU' PICCOLO
DEI SUOI PENSIERI PIENI DI BONOMIA. ALMENO QUESTO, CONSIDERATO CHE DA UN BEL PEZZO VACILLA QUELLA "FEDE" RACCOMANDATACI PERSONALMENTE DAL SIGNOR LOIERO IL 7 LUGLIO A PALAZZO NIEDDU.
MARIO CONGIUSTA , IO STESSA E TUTTI QUANTI ATTENDIAMO VERITA' E GIUSTIZIA - non soltanto promesse ma concretate nei fatti -PORTIAMO FIERI, COME LA PIU' ALTA DELLE ONORIFICENZE; LA MEMORIA DEI NOSTRI FIGLI,
I NOSTRI " ONOREVOLI FIGLI" .

LILIANA ESPOSITO CARBONE
LOCRI


 

*************************************************

 

Locri: Aggredita la madre di Massimiliano Carbone

Liliana Esposito Carbone, insegnante di Locri, della Casa della Legalità e madre di Massimiliano, vittima della violenza mafiosa, assassinato il 24 settembre 2004, è stata aggredita sulla tomba del proprio figlio al Cimitero di Locri, nel giorno in cui sono stati affissi i manifesti per la messa del secondo anniversario della tragedia. La minaccia e l’aggressione, immediatamente denunciata e con l'immediata identificazione dell'aggressore, segue ai passi avanti compiuti nell’inchiesta sull’omicidio di Massimiliano. Liliana non è sola, lo Stato ha dimostrato di esserci, e la società civile, dal mondo delle associazioni alla diocesi, è insieme a lei ed alla famiglia di Massimiliano nel chiedere, rivendicare, verità e giustizia.
L'assassino di Massimiliano Carbone, come gli assassini e mandanti di tutti gli omicidi di mafia consumatisi nella Locride, può essere individuato e punito. Non è con nuova violenza e prepotenza che si può fermare la giustizia.
Non esiste limite di tempo o di libertà per chiedere verità e giustizia. Ne l’oblio, ne tanto meno minaccia o indifferenza possono fermare la sete di giustizia, come il bisogno di serenità e legalità. Massimiliano merita verità e giustizia, come ogni altra vittima della violenza mafiosa. Liliana e la sua famiglia non sono soli. Non sono mai sole le vittime delle mafie. La Casa della Legalità, legata a Libera, alla Fondazione Caponnetto, a Riferimenti è accanto a loro, insieme alle realtà locali e nazionali impegnate nella difesa della legalità e della giustizia sociale. Nessun cittadino che non si china a suddito, sarà mai solo in questa rivendicazione per la memoria ed una terra libera.

Domenica 24 settembre alle ore 10:30, presso la chiesa dell'Ospedale di Locri, si terrà la messa in ricordo di Massimiliano.

*************************************************

 

Il 24 settembre del 2004 moriva per mano assassina un giovane, un "giovane di Locri".

Aveva 30 anni, si chiamava Massimiliano.

Era un ragazzo come tanti, anzi come pochi.

Come Gianluca Congiusta, lui un lavoro in Calabria se l'era "inventato", e di lavoro ne dava ad altri ragazzi come lui nella Cooperativa della quale era alla guida.

Donava il sangue, giocava a calcio, amava la propria terra, la propria famiglia.

Sento il bisogno, seppur da lontano in questo momento, di stringermi idealmente all'abbraccio per Liliana, la sua stupenda e coraggiosa mamma che da due anni chiede incessantemente Giustizia per suo figlio.

Sì, perchè la verità c'è, ma senza che sia fatta Giustizia, diventa vergogna per lo Stato di diritto dove la violenza e la sopraffazione, il silenzio e l'omertà, perseverano nell'uccidere la Speranza.

Sono trascorsi due anni.

Liliana è ancora in trincea, e noi con lei.
Qualcuno l'altro ieri l'ha aggredita, mentre lei pregava (e piangeva) sulla tomba del figlio.

"Se questo è un uomo"...

Se questa è Giustizia.

*************************************************

 

DUE GIOVANI IMPRENDITORI, DI LOCRI E SIDERNO, DUE DELITTI IMPUNITI. UNA LETTERA PIENA DI STRAZIANTE DIGNITA' E UN'INIZIATIVA PROVOCATORIA.

Carbone e Congiusta, sete di giustizia

La madre del primo restituisce al prefetto la tessera elettorale. Il padre del secondo: una taglia sull'assassino.
Giuseppe Tumino

 

REGGIO CALABRIA – «L'indifferenza e la retorica mi hanno ferita come persona, ma non mi potranno mai umiliare , essendo io madre di un giovane generoso che lavorava e progettava la sua vita con la sua piccola speranza, e senza padrini, né di parrocchia con avalli episcopali, né mafiosi, né politici. Cordiali saluti, e ad maiora. Il mio dolore mi esonera dall'ipocrisia della deferenza». Così si conclude la lettera, gonfia di dolore e dignità, con cui Liliana Esposito – maestra elementare e madre coraggio nel senso meno abusato del termine – rimette simbolicamente nelle mani del prefetto di Reggio Calabria il suo certificato elettorale. Suo figlio, l'imprenditore Massimiliano Carbone, assassinato nel settembre 2004, attende ancora giustizia. Nell'esporre le motivazioni del suo gesto, la Esposito ricorda tutti i retroscena di un delitto il cui movente fu subito all'epoca inquadrato dagli inquirenti come "personale", in quanto maturato al fuori di qualsiasi logica mafiosa.
Un atto di accusa che riassume tutti gli elementi da lei stessa già forniti agli inquirenti ma che tuttavia non sono ancora stati in grado di dare alle indagini una svolta decisiva. «Signor Prefetto – scrive Liliana Esposito – rimetto al suo ufficio il mio certificato elettorale, consapevole di precludermi la mia personale espressione di volontà e di scelte politiche, oltre che l'esercizio di un diritto-dovere democratico. Questa determinazione mi comporta molto rammarico, ma non temo di inflazionarne il significato, poiché al momento è l'unica forma di protesta civile che, spero, può richiamare sulla mia istanza di verità e di giustizia l'attenzione delle istituzioni e dei partiti politici , in questa contingenza sociale e culturale che ci vede tutti, a vario titolo, impegnati per la legalità e la promozione della Locride».
«Già nel dicembre 2005 – prosegue la missiva – le avevo chiesto un breve incontro per esporre alcuni timori derivanti dall'avere collaborato, la mia famiglia ed io, ed in modo inconsueto per la locale realtà , alle indagini per l'omicidio di mio figlio Massimiliano Carbone. Ad oggi, non ho avuto alcuna risposta. Intanto, gli organi di informazione quotidianamente mi rendono edotta dei notevoli risultati conseguiti nella lotta al crimine, e di questo non posso che essere soddisfatta e riconoscente, come ogni altro cittadino di buona volontà. Apprendo comunque che a fino ad oggi le indagini sull'omicidio di mio figlio sono difficili, e nel contempo sono costretta a rilevare che questa morte violenta era già annunciata, e nel contesto socioculturale di Locri i sospetti trovano quasi il vigore di un'accusa. A fare una di quelle teoriche classificazioni che possono essere utili solo ai criminologi e agli inquirenti non sarò certo io, che pure nei 18 mesi trascorsi dalla morte di mio figlio ho fornito ogni elemento informativo di cui disponessi». E aggiunge: «Comunque, chiunque sia stato a sparare, è un assassino vigliacco, ancora più vigliacco del killer di Fortugno , considerato che si è nascosto dietro un muro alto un metro e mezzo».
«Con me il procuratore della Repubblica di Locri, dottore Giuseppe Carbone, a fine gennaio si è rammaricato per la carenza di mezzi e di strumenti; mi sforzo di capire – scrive la Esposito – frastornata dall'illustrazione costante del dispiego e dell'impegno di forze e di tecnologie efficienti nella risoluzione di altre vicende, chiaramente, e per la loro eziologia, molto più composite. Non chiedo commiserazione e certamente nessun privilegio: ma mi è stato ammazzato Massimiliano, e voglio che almeno i morti siano uguali davanti all' articolo 2 della Costituzione».
OMICIDI "ANOMALI"
Massimiliano Carbone
L'imprenditore locrese Massimiliano Carbone, è stato assassinato il 17 settembre 2004. Un killer solitario appostato nei pressi della sua abitazione lo freddò con un fucile da caccia mentre stava per rincasare. Nel restituire nelle mani del prefetto il certificato elettorale, sua madre, Liliana Esposito, ricorda in una lettera tutti i retroscena di un delitto il cui movente fu subito all'epoca inquadrato dagli inquirenti come "personale", in quanto maturato al fuori di qualsiasi logica mafiosa.
Gianluca Congiusta
Giovane commerciante di Siderno, Gianluca Congiusta è stato assassinato il 24 maggio del 2005: non vi è alcun sospetto né sull'identità dell'omicida, né su un possibile movente. Mario Congiusta, il padre del giovane, ha raccolto, insieme al suo, molti certificati elettorali pronti per essere restituiti e ha reso nota la possibilità di una raccolta di fondi allo scopo di istituire una taglia per chiunque fornirà notizie sull'omicidio del figlio. «Solo per il fatto grave di averlo pensato io oggi mi autodenuncio, perché la Calabria non vuole essere Far West», ha detto.

(martedì 4 aprile 2006)

*************************************************

 

L'appello alle autorità della madre di Massimiliano Carbone nella giornata della legalità organizzata dal Cids
«Aiutate i giovani a sognare»
Mons. Mondello: la scuola deve formare le coscienze. Scopelliti: con lavoro e cultura si vince


 
Piero Gaeta

Tutti in piedi e con gli occhi umidi. Tutti in piedi ad applaudire il coraggio di una madre che, pur vigliaccamente colpita negli affetti più cari, è riuscita ad opporre la cultura della vita a quella della morte e a dare una lezione di dignità e di speranza in un domani migliore. Liliana Esposito Carbone, la madre di Massimiliano, il giovane presidente della cooperativa Arcobaleno ucciso quasi un mese fa a Locri, è riuscita anche a far sognare a tutti una Calabria libera da qualsivoglia condizionamento mafioso. La giornata di lotta contro la criminalità e per lo sviluppo economico e sociale organizzata dal Cids (comitato interprovinciale per il diritto alla sicurezza) ha vissuto ieri, nell'Aula consiliare di Palazzo S. Giorgio, il suo momento più alto proprio con le parole di una madre ferita, ma non vinta.

«Vi chiedo di ricordare la vita e non la morte di Massimiliano – ha detto la prof. Liliana –. Mio figlio aveva 30 anni e 5 mesi e aveva sogni, tanti sogni da realizzare. E allora io chiedo a tutte voi, autorità presenti, di far continuare a sognare i giovani di questa terra. Massimiliano aveva conservato lo stupore infantile e l'amore per il territorio. Non facciamo, quindi, disfattismo. Io chiedo agli investigatori di fare piena chiarezza sull'omicidio di mio figlio e ho fiducia. Spero anche che voi ci possiate aiutare a progettare la speranza e a farla crescere». Applausi e lacrime in Aula. Il sindaco Giuseppe Scopelliti si è voltato e ha stretto calorosamente le mani della signora Liliana, mentre Lucio Dattola, che presiedeva l'incontro, commentava al microfono: «Questa è la Calabria. Una terra che offre l'esempio straordinario di una mamma che, trafitta dal dolore, non perde la speranza e invita tutti ad andare avanti». Riannodare il filo del discorso, dopo le emozioni intense suscitate dalla professoressa Carbone, è toccato a Francesco Toscano, responsabile giustizia dei giovani Udc. E Toscano ha svolto egregiamente il suo compito. Ha sottolineato «la profonda commozione suscitata dal dolore di una madre che si è rivolta al cuore di tutti noi» e si è detto anche «triste perché la mia terra deve sopportare ancora troppo ingiusto dolore. Ma non si può perdere la speranza». Infine ha rivolto l'invito ai partiti di «scacciare i mercanti dal Tempio, perché non si rende un buon servizio al Paese veicolando, attraverso alcuni media, la ragione antropologica che l'homo italicus sia geneticamente mafioso». Il presidente del Cids Demetrio Costantino ha tessuto gli elogi delle forze dell'ordine che «dal 2000 ad oggi hanno assicurato alla giustizia terribili latitanti. I sindaci, come dimostrano con la loro presenza qui – ha continuato Costantino –, non vogliono ammainare i loro gonfaloni, però amministrare la cosa pubblica è diventato troppo rischioso. In dieci mesi sono avvenuti 1160 attentati ad amministratori, dunque bisogna capire e colpire quella zona grigia che è inquietante». Un richiamo forte ai temi della legalità è venuto dalle belle parole dell'arcivescovo Vittorio Mondello: «Le forze dell'ordine stanno facendo tantissimo, ma da sole non vinceranno mai. Le forme aberranti di delinquenza e di illegalità che si registrano dipendono anche da una mentalità che finisce per diventare la base della mafiosità. Se a un cittadino un documento, anzichè in mezz'ora, viene consegnato in un mese, cosa c'è sotto se non una forma di mentalità mafiosa? Bisogna che tutti compiano un atto di conversione per privilegiare rapporti di rispetto e di solidarietà. La scuola deve aiutare i giovani non solo informadoli ma soprattutto formandoli alla cultura della legalità e al senso del dovere. Io ho grande fiducia nel cambiamento». Dal sindaco Scopelliti è arrivato un pressante richiamo alla «necessità di fare leva sulle coscienze dei giovani per creare i presupposti di un nuovo modello di sviluppo in città e in provincia. Ci stiamo sforzando per offrire ai giovani reggini, da sempre posti di fronte all'alternativa se emigrare o subire la cultura della mafiosità, una terza via. Una via che è fatta di lavoro e gusto per la vita e per le forme dell'arte. Per un sindaco essere antimafia è un requisito di base, ma non si possono recuperare decenni di ritardi se non incidiamo in questa realtà con il lavoro e la cultura. Io ho fiducia – ha concluso Scopelliti – sulle nostre gambe possono camminare queste idee. L'esperienza di Massimiliano, così come ha raccontato sua madre, pesa, ma tutti insieme possiamo segnare una svolta servendo la nostra comunità con un senso alto delle Istituzioni». Il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, che aveva aperto la giornata, ha sottolineato la «necessità di non abbassare la guardia anche di fronte a situazioni di piccola illegalità. Basti pensare a chi, dopo avere subito il furto della propria automobile, si rivolge a strani personaggi per chiedere una mediazione prima ancora di presentare denuncia alle forze dell'ordine. Sono comportamenti come questi che vanno combattuti nel nome della legalità». Il presidente degli industriali calabresi, Filippo Callipo, ha elegantemente polemizzato col sottosegretario alla Giustizia: «Prima di rivolgere esortazioni generiche a non abbassare la guardia bisognerebbe intervenire per risolvere concretamente le tante storture che frenano la lotta contro la criminalità mafiosa. Bisognerebbe attivarsi, per esempio, per alleviare le tante difficoltà con cui devono fare i conti in Calabria la magistratura e le forze dell'ordine che devono garantire tranquillità alle imprese». Franco Crinò, componente la Commissione parlamentare antimafia, ha sottolineato la necessità che l'organismo parlamentare torni al più presto in Calabria, mentre Francesco Nucara, segretario nazionale del Pri, ha definito la mafia «un fenomeno trasversale che va affrontato dall'insieme della classe dirigente, che non è composta soltanto dai politici ma anche dagli imprenditori e da tutti gli apparati dello Stato». I lavori sono stati conclusi dall'assessore regionale alla Cultura, Saverio Zavettieri: «I fenomeni di intimidazione inquietano per l'obiettivo chiaro di volere condizionare la vita delle Amministrazioni pubbliche. Oggi ho visto l'assenza di tanti politici e sindacalisti e questo ci deve fare riflettere. Qualsiasi considerazione che faremo presente anche al ministro Pisanu non può prescindere da un'assunzione di responsabilità da parte di tutti gli Enti».

*************************************************

Quattro omicidi in 12 ore, cinque in nove giorni. Ventidue in un anno. Più intimidazioni, attentati e racket senza freni
Far West Locride, interviene il Prefetto
Convocato per martedì il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica


Paolo Toscano


REGGIO CALABRIA – Quattro omicidi in poco più di dodici ore. Cinque in nove giorni. Vanno ad aggiungersi ai dodici morti ammazzati già contati dall'inizio dell'anno che portano a 22 il bilancio complessivo delle vittime del piombo dei sicari negli ultimi dodici mesi. Una mattanza. Una terribile mattanza che si sta consumando nella Locride, su uno scenario in passato divenuto tristemente famoso per le faide e le “imprese” di una criminalità organizzata tra le più pervicaci e sanguinarie. Il prefetto Giovanni D'Onofrio ha convocato per martedì alle 17 una riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica con all'ordine del giorno la situazione attuale nella Locride. Un appuntamento istituzionale, un'occasione per assicurare il necessario coordinamento all'impegno di magistratura e Forze dell'ordine in una realtà tornata a essere tremendamente difficile. Già, perché quasi non bastassero gli omicidi, la cronaca quotidiana da quelle parti registra intimidazioni in serie ad amministratori, rappresentanti delle istituzioni, imprenditori o semplici cittadini. L'espressione della brutalità criminale si manifesta sotto forma di auto bruciate, colpi di pistola o di fucile contro portoni di casa, esercizi commerciali. Un imbarbarimento a 360 gradi che rende impossibili le condizioni di vita e fa ripiombare questo lembo martoriato della provincia reggina negli anni bui degli scontri tra 'ndrine e nelle vergognose stagioni dei sequestri di persona quando . È ancora presto per poter etichettare gli ultimi delitti, stabilire se ci sia o meno la mano delle cosche dietro l'eliminazione dei fratelli Domenico e Filippo Cristarella uccisi a Bovalino venerdì sera, e di Giuseppe Talia e Antonia Lugarà, assassinati a Bruzzano Zeffirio nella mattinata di ieri. Così come nella brutale eliminazione dell'oculista Fortunato La Rosa, caduto sotto una pioggia di piombo a Gerace, che l'8 settembre. Un episodio che aveva dato un primo scossone le coscienze. A unire, comunque, i singoli episodi c'è il “fil rouge” di una violenza inaudita, sicuramente figlia di una mentalità criminale. Il duplice omicidio di Bruzzano ha fatto scattare nuovamente l'allarme rosso. E il prefetto Giovanni D'Onofrio ha convocato il Cosp. Con i vertici delle Forze dell'ordine, saranno presenti i procuratori di Reggio e Locri, Catanese e Carbone, i sostituti della Direzione nazionale antimafia Cisterna e Macrì, i parlamentari eletti nella Locride, i deputati Domenico Bova e Luigi Meduri, il senatore Franco Crinò, il presidente della Provincia Pietro Fuda, il presidente del comitato dei sindaci della Locride Carmine Barbaro e il presidente dell'assemblea Sisinio Zito, i sindaci dei paesi interessati dai fatti di sangue. Il prefetto D'Onofrio sollecita una riflessione sulle cifre: «Il duplice efferato omicidio di Bruzzano si inquadra in un'ondata di violenza inaudita. Limitandoci agli ultimi avvenimenti, il duplice delitto di Bruzzano segue di un giorno quello di Bovalino e va ad aggiungersi a recentissimo omicidio di Gerace. È compito della magistratura stabilire se esistono collegamenti e se questi fatti siano ascrivibili alla criminalità. Prefettura e Forze dell'ordine sono, comunque, impegnati al massimo». Una conferma viene dalla circostanza che ieri mattina il questore Vincenzo Speranza e il comandante provinciale dell'Arma, il colonnello Antonio Fiano si trovavano, rispettivamente, a Bovalino e Bruzzano, per imprimere con loro presenza un'accelerazione alle indagini. La riunione del Cosp servirà come momento di approfondimento dei rapporti vicendevoli delle forze in campo impegnate a fronteggiare e ridimensionare l'incalzante criminalità. È un momento particolarmente delicato nella lotta a fenomeni delinquenziali capaci di sfociare in azioni di violenza belluina. Carabinieri e Polizia, dopo aver incassato successi in serie sul fronte della cattura dei latitanti, si trovano adesso a fronteggiare questo bagno di sangue nella Locride. Non è da escludere che le continue esplosioni di violenza possano, in qualche modo,ricondursi alla ridimensionata capacità strutturale di tanti clan e a una loro perdita di controllo del territorio. Può darsi che questo sia l'assurdo prezzo da pagare ai nuovi assestamenti. Le risposte verranno (almeno si spera) dalle indagini.

(domenica 18 settembre 2005)

*************************************************

MAFIA, MISERIA E GIUSTIZIA NEGATA

 

Giuseppe Tumino


Ventidue croci sulla schiena della Locride, nessun colpevole. Il numero cardinale dei morti ammazzati vale solo per le statistiche, quello che è davvero raggelante è l'assuefazione alla dimenticanza. È qualcosa che salta in mente ogni volta che i media nazionali ci ossessionano per mesi sui delitti che fanno scalpore, quelli che diventano misteri, Marta Russo, Cogne, i vecchietti della Valcamonica. Ce lo ripetono sempre: se un omicidio non si risolve nelle 48 ore, è probabile che non si risolva mai, che l'assassino la faccia franca. Se non fosse un orrore sarebbe da ridere, dalle nostre parti. Ventidue omicidi, nessun colpevole. La regola delle 48 ore vale nel resto d'Italia, dove un delitto squassa il tanto invocato quieto vivere, e quindi infiamma coscienze e apre occhi. Di opinione pubblica, forze dell'ordine. Di testimoni, di gente che sa qualcosa e la dice: gente che collabora perché quello che avviene è inaccettabile, perché nessuno vuol vivere in un mondo in cui chi uccide resta impunito. Qui no. È solo sangue che segue altro sangue, e altro ancora ne precede. Ne parleremo per un paio di giorni, una settimana forse, poi l'attualità ci farà ingoiare sangue fresco. E due ragazzi morti usciranno dalla cronaca viva per essere solo, irrimediabilmente, numeri. Nessuna mafia è alibi. Nessuna, mai. Gli uomini della 'ndrangheta colpiscono indisturbati perché sanno che la mafia è nella nostra paura. È nella miseria del lavoro che non c'è, è nel ricatto del pizzo pagato in silenzio. È nell'impresa taglieggiata, nelle fabbriche costrette a chiudere. La mafia è nei voti elettorali venduti a pacchetti, a sporchi galoppini, in cambio della promessa di un posto miserabile, di un beneficio che puzza di elemosina. La mafia è nella rassegnazione, nella capacità di indignarsi perduta, nei secoli dei secoli. La mafia è questo: un morto ammazzato uguale un numero. Esattamente un anno fa a Locri cadeva in un'imboscata Massimiliano Carbone, incensurato e senza macchia, il primo numero, il primo grano del nostro rosario di morte. Da allora la sua madre coraggio aspetta di leggere il nome dell'assassino. Ecco, la mafia nella Locride è anche dove le cosche non c'entrano nulla. Nella terra dell'abitudine al sangue, la mafia è anche abitudine alla giustizia negata. Vergogna, per tutti noi.

(domenica 18 settembre 2005)

*************************************************

Locri, la settimana dei minori
Lettera dei bambini «Adulti, rispettateci»
Alessandra Tuzza
LOCRI – Una serata vivace e dolcissima quella che ha avuto come protagonisti i bambini, in occasione della Settimana dei minori chiusasi ieri a Locri. I piccoli cittadini delle elementari hanno si sono dimostrati attori e cantanti provetti, guidati dalle loro maestre e dal dirigente Rinaldi. La Settimana dei minori è stata quest'anno dedicata ai diritti dei bambini, alla pace, alla tranquillità, alla gioia, alla famiglia, al gioco, all'affetto. Ma al di là di tutto fondamentale è stata la lettera che i ragazzini hanno inviato agli adulti della loro città.
«La nostra Città – scrivono i bambini rivolgendosi ai "grandi" – sta soffrendo molto, perché si sono ripetuti molti fatti violenti. Non vedete come ha paura e trema il nostro piccolo cuore? Noi vogliamo chiedere a tutti Voi, alle nostre famiglie, alla nostra scuola, alle istituzioni, di aiutarci a diventare grandi e sereni, di non lasciare che nessuno di noi rimanga "bambino in bilico" tra legalità e mafia. Vogliamo chiedervi di aiutarci a conservare il nostro stupore infantile, perché il fulmine va chiarito ai bambini con tenere spiegazioni; vogliamo chiedervi di lasciare sognare carillons e giostre, e fiabe e caleidoscopi e tanti amici disegnati dalle nuvole, perché questo è il nostro tempo.
«Vogliamo chiedervi che la musica bella non accompagni solo le lacrime nei funerali affollati; vogliamo chiedervi di ascoltarci e di darci la vostra voce quando le nostre parole sono troppo leggere, vogliamo chiedervi di non fare delle vostre responsabilità il lamento di Penelope, vogliamo chiedervi di aiutarci a coltivare la speranza, e di non lasciarci temere un futuro di pane raffermo e di posti in piedi. Così come l'acqua è insegnata dalla sete, così come la gioia è insegnata dal dolore, così come la pace è insegnata dalla legalità.
«Noi, bambini della Città di Locri, ci impegneremo al rispetto dei nostri doveri, rispettando i diritti ed i sogni di ogni persona. E ci impegniamo ad arrabbiarci, se voi Signori Adulti non rispetterete i diritti dei bambini. Perché nessun bambino di Locri – nessuno! neppure uno solo – Debba ancora essere violato dall'indifferenza o dalla cattiveria dei grandi. Grazie.»

 

(domenica 27 novembre 2005)
 

*************************************************

Locri Il Primo Maggio di Liliana Carbone, maestra elementare e madre coraggio in attesa di giustizia: «Ma ho ancora fiducia»
Mio figlio Massimiliano, ucciso due volte
«L'assassino si è nascosto dietro un muro, e tanta gente continua a giustificarlo»
Giuseppe Tumino
REGGIO CALABRIA – Tra i tanti colori che hanno allietato la manifestazione nazionale tenuta a Locri dalla triplice sindacale in occasione del Primo Maggio, ve n'è uno che nessuno riuscirà forse mai a comporre su nessuna tavolozza: è quello del dolore, della disperazione, della rabbia, delle sete di verità e di giustizia, del sentimento d'impotenza di fronte a ciò che l'uomo, invece, dovrebbe poter facilmente dominare.
È il colore con cui lunedì scorso, giorno della Festa del Lavoro, appare dipinta l'atmosfera che regna attorno alla signora Liliana Esposito Carbone, donna gracile ma determinata, provata dal dolore più grande che una madre possa subire, ma tutt'altro che rassegnata. Madri coraggio, si usano chiamare quelle come lei: e nessuna espressione, nel conoscerla, ci è mai sembrata tanto appropriata.
Sono da poco passate le 10 del mattino: dopo l'incontro dei sindaci della Locride con i tre leader nazionali di Cgil-Cisl-Uil, Epifani, Bonanni ed Angeletti, da Palazzo Nieddu - Del Rio ci si dirige verso viale Matteotti dove è previsto il raduno degli oltre ventimila partecipanti al corteo del Primo Maggio. Alla fine di corso Vittorio Emanuele, la signora Liliana, da sola, ha celebrato il suo personale Primo Maggio, per rendere testimonianza della sua sete di giustizia.
Maestra elementare in una scuola di Locri, la signora Liliana Esposito è la mamma di Massimiliano Carbone, un giovane imprenditore caduto nell'agguato di un killer solitario la sera del 17 settembre del 2004 mentre rientrava alla sua abitazione, nei pressi del campo sportivo e morto in ospedale una settimana più tardi. Presidente della cooperativa di servizi "Arcobaleno", Massimiliano, 30 anni, quella sera venne colpito a tradimento da un assassino al quale oggi, a distanza di circa 20 mesi, la giustizia non ha ancora ufficialmente dato un nome.
La signora Carbone reggeva un cartello su cui ha incollato una foto di suo figlio Massimiliano; accanto a questa, una scritta: "Un ragazzo di Locri. I Maggio 2006, 590 giorni dopo, il suo assassino è libero". Intorno a lei c'erano i ragazzi de "La Gurfata", un gruppo di animatori della Locride e alcuni esponenti della "Casa della legalità", giunti appositamente da Genova per istituire a Locri una sede del loro sodalizio presso i locali della comunità Mistya.
Liliana Carbone col suo gesto intende «richiamare l'attenzione – ci dice – di quella parte della città di Locri che aveva "annunciato" e ha addirittura giustificato la morte violenta di mio figlio, e che nell'ipocrisia e nel falso riserbo non si prende carico dell'eredità morale che Massimiliano ha lasciato».
Sa benissimo, e del resto lo desidera anche lei, che la città vuole risalire la china, chiede di scrollarsi di dosso il pesante fardello che si porta sulle spalle per colpa di una minoranza. Sa altrettanto bene, però, che spesso per far sentire la propria voce bisogna "approfittare" di quei momenti, di quelle circostanze particolari grazie alle quali i riflettori vengono accesi su persone e cose. Un altro genitore, Mario Congiusta, qualche settimana fa, a pochi giorni dalle elezioni politiche, aveva manifestato pubblicamente a Siderno perchè venisse dato un nome e un volto al killer del figlio Gianluca, assassinato il 24 maggio del 2005.
«Ho fiducia nel prefetto De Sena – continua Liliana Esposito – una persona della quale ho potuto apprezzare la straordinaria lealtà, e che mi ha in parte rasserenata sull'impegno inesausto di magistratura e forze dell'ordine non solo sull'omicidio di mio figlio, ma anche su tutte le altre vicende che insanguinano la nostra terra. Non ci sono morti ammazzati di serie A e di serie B, mi ha detto il prefetto: e io gli credo».
«L'assassino di mio figlio – conclude la maestra Liliana – si è nascosto dietro un muro di un metro e mezzo e oggi si nasconde dietro una maschera di ipocrisia e falso perbenismo, nell'acquiescenza di troppe persone che considerano me un'infame per averlo, da subito, indicato con nome, cognome e movente. Un delitto non di mafia, ma di chiara mentalità mafiosa, maturato e "giustificato" nella maldicenza e nel mormorìo».
E se non è coraggio questo...
(venerdì 5 maggio 2006)

 

*************************************************

Locri

Nuova protesta della madre di Massimiliano Carbone

Antonello Lupis

LOCRI – Finché non otterrà giustizia e risposte certe sul barbaro – e ancora irrisolto – omicidio del figlio Massimiliano Carbone avvenuto poco più di anno e mezzo fa, la madre della vittima, Liliana Esposito, maestra elementare, donna esile ma tenace, difficilmente porrà fine alla sua coraggiosa battaglia.

Dopo essere, infatti, stata protagonista di recente e nei mesi scorsi di altre singolari iniziative, ieri mattina si è seduta con la foto del figlio davanti all'ingresso del Tribunale di Locri per «chiedere attenzione e impegno adeguato da parte degli inquirenti e delle forze dell'ordine sulla vicenda di mio figlio Massimiliano».

Appresa la notizia, sulla vicenda è intervenuto il vescovo della diocesi di Locri-Gerace, Giancarlo Bregantini. «So, signora Esposito – scrive il prelato locrese in un documento – quanto sta soffrendo in questo momento, di fronte alle lungaggini della burocrazia della giustizia. So quanto è grande il suo cuore di madre, che soffre due volte: ieri per il sangue versato, oggi per la fatica nell'ottenere giustizia. Le sono vicino. Ed insieme le chiedo di essere tenace e fiduciosa, nonostante tutto».

Un solo colpo di fucile da caccia caricato a pallettoni, sparato dal killer da oltre dieci metri alle spalle. Così, a settembre del 2004, è stato assassinato a Locri il giovane incensurato Massimiliano Carbone, 30 anni, responsabile della cooperativa "Arcobaleno Multiservice". L'agguato all'intraprendente giovane locrese scattò nella tarda serata di venerdì 17 mentre Carbone stava rincasando. Il responsabile della cooperativa "Arcobaleno Multiservice", stimato e ben voluto, parcheggiata l'auto stava per il portone, quando all'improvviso un sicario appostato dietro un muretto lo centrò in pieno.

(venerdì 30 giugno 2006)

*************************************************

Una madre disperata chiede giustizia


Una protesta estrema ha scosso l’immobilismo della Locride in questi ultimi giorni di giugno. Quella di Liliana Esposito Carbone in attesa di risposta e giustizia  sul barbaro – ed ancora irrisolto – omicidio del figlio Massimiliano freddato a trent’anni nel cortile di casa ben 21 mesi fa. Liliana Esposito, non si è arresa ai tempi biblici della giustizia locale ed ha intrapreso sin da subito la sua coraggiosa battaglia per la verità. Dopo una serie di iniziative di grande impatto sociale e civico,  nei giorni scorsi, a neppure una settimana dalla giornata per le vittime della mafia, che il Cidis ha ricordato a Reggio Calabria lo scorso 22 giugno, si è seduta in un singolare set in sulla soglia di ingresso del Tribunale di Locri. Sotto il sole con la foto di Massimiliano in mano ha inteso  richiedere maggiore attenzione ed un impegno adeguato agli inquirenti e alle forze dell’ordine tutte. Una protesta ripetutasi per tre giorni sotto un sole cocente di un giugno arroventato. Una protesta eclatante e civile, che ha allertato l’attenzione del Vescovo Bregantini, che le ha scritto una toccante missiva recapitata a mano sulla soglia del tribunale, in cui afferma: “So, signora Esposito quanto sta soffrendo in questo momento, di fronte alle lungaggini della burocrazia della giustizia. So quanto è grande il suo cuore di madre, che soffre due volte: ieri per il sangue versato, oggi per la fatica nell’ottenere giustizia. Le sono vicino. Ed insieme le chiedo di essere tenace e fiduciosa, nonostante tutto. I tempi lunghi non significano trascuratezza, ma voglia di chiarezza. Per parte sua, la tenacia che la contraddistingue supererà anche le fatiche della giustizia. Mi auguro che la  sua voce giunga al cuore di chi deve prendere decisioni rapide e chiare...” . Una posizione di solidarietà che ha fatto interrompere momentaneamente la protesta della tenace signora Liliana, che ha ammesso di aver ricevuto un’unanime attenzione addirittura “più proficua – ha sottolineato- di quanto sperassi”. La sua in effetti è stata,  come lei stessa ha tenuto a sottolineare: “Non una protesta, ma una commemorazione, finalizzata a mantenere alta l’attenzione di TUTTISSIMI su TUTTISSIMI quanti attendono verità e giustizia. Un modo -ha specificato- per dare il mio contributo coerente con l’impegno per l’educazione alla legalità in un territorio dove molti parlano e pochi dicono.” Ed ancora ha continuato decisa: “Nel mio caso solo la giustizia sarà propedeutica alla verità. Ho ottenuto l’immediata disponibile attenzione della Procura e quella generosa e corroborante del Vescovo, che vorrei ringraziare pubblicamente per questo dono di speranza,  concreto gesto di cristiana e pastorale solidarietà, di benedizione e di sostegno in reciproca preghiera; come afferma nella sua pregiatissima lettera, fattami pervenire durante la protesta giovedì mattina. “Un appoggio - specifica ancora la Carbone -  che  mi ha dato forza grande e ne ho bisogno. Comunque”. Ma la voce del Vescovo non è stato l’unico segnale. A lui si sono aggiunte le solidarietà espresse dal colonnello Fiano e dal  Tenente Rampielli e da altri alti gradi delle forze dell’ordine. “Tutti costoro - ha ammesso stanca ma in parte ripagata la coraggiosa Liliana - mi hanno espresso tutta la loro solidarietà e le rassicurazioni di un impegno professionale ed umano per la vicenda che, sottolineano di conoscere benissimo ed a fondo”. A questo punto la signora Carbone è tornata a casa interrompendo una protesta, che però, ne siamo sicuri, non terminerà, perché nata in nome di una verità che è sacrosanta e che la cui ricerca non può essere ancora dilazionata ulteriormente.

 
(01.07.2006)
Alessandra Tuzza